concede altri due privilegi ed ancora la facoltà delle genti e familiari del monastero di portare”armi vietate” e di fabbricare un fortilizio nel Casale di Sala di Partitico, che già appartiene al Monastero.
Ciò crea un vero rapporto feudale tra l’Abate di Altofonte ed il Re, tanto da sembrar logica la ragione di un ennesimo privilegio concesso: quello cioè di far parte del Parlamento quale membro del braccio ecclesiastico presieduto dall’Arcivescovo di Palermo. Questa strategia è logica, perché nel rapporto feudale il clero meglio risponde per fedeltà al Re, ed anche perché esercitando o per sé o per gli altri la cura delle anime esso possiede gli strumenti più idonei a calmare gli spiriti e soffocare i primi passi verso una liberazione.
In conseguenza di ciò, i primi abitanti di Altofonte, coltivano le terre in parte a nome dei Romani Pontefici, in parte a nome di San Benedetto ed indirettamente pagano il tributo al re. Così prospera il convento per quattro secoli, e s’ingrandisce l’agglomerato urbano. Restauri e trasformazioni si hanno successivamente ad opera del Rev. Don Paolo Potenzano; nel 1568 ad opera di Scipione Rebiba, Abate del Parco, ed infine la ricostruzione del tempio voluta dal Cardinale Scipione Borghese, come del resto attesa lo stemma con la scritta sul frontone della Chiesa Madre di Altofonte.
Nel 1764 con la morte dell'ultimo abate, Giuseppe Barlotta, il convento viene soppresso e Ferdinando di Borbone, nel 1799 lo aggrega con tutte le rendite alla Commenda della Magione. |